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Aumenti di capitale con credito d’imposta del 20%

  nicola.parrinello
  20 Mag, 2021
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aumento capitale

La versione bollinata del DL “Rilancio” consente di fare chiarezza sul concreto funzionamento delle agevolazioni per la capitalizzazione delle imprese in crisi.

 

La disposizione riguarda gli aumenti di capitale effettuati dalle società di capitali, escluse le società disciplinate dall’art. 162-bis del TUIR (a rigore, non solo gli intermediari finanziari, ma anche le holding di famiglia, anche se la Relazione al DL pare fare riferimento solo ai primi) e le società che esercitano attività assicurativa, e prevede che, a fronte dell’aumento (da sottoscrivere e versare), competano benefici sia al soggetto che lo effettua, sia alla società che lo riceve.

In sintesi, al socio (di qualsiasi natura) compete un credito d’imposta del 20% dell’importo versato, con un tetto massimo all’investimento di 2 milioni di euro (e un credito d’imposta massimo pari, quindi, a 400.000 euro). Il beneficio non compete, però, alle società che controllano direttamente o indirettamente la società conferitaria, sono da questa controllate (o a queste collegate), o sono sottoposte a comune controllo.

Alla società beneficiaria del conferimento, invece, compete un credito d’imposta pari al 50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto (assunto al lordo delle perdite), fino a concorrenza del 30% dell’aumento di capitale.

Ai fini della concreta fruizione del beneficio è, poi, prevista una serie di requisiti che possano qualificare l’impresa come “virtuosa” (dalla regolarità fiscale e contributiva a quella in materia edilizia, urbanistica, del lavoro ecc.); dal non chiaro disposto normativo pare di comprendere che ciò vincoli l’erogazione dei benefici in capo alla società, e non invece la fruizione del credito d’imposta in capo ai soggetti che effettuano i conferimenti.

Venendo agli aspetti applicativi, ipotizzando un aumento di capitale di 1,5 milioni di euro, al socio competerebbe un credito di 300.000 euro. Per quanto riguarda la società, si può ad esempio ipotizzare che essa abbia un patrimonio netto di 2,5 milioni di euro e che in previsione della perdita di 1 milione di euro nel 2020 venga deliberato ed eseguito un aumento di capitale di 1,5 milioni di euro: il patrimonio netto al 31 dicembre 2020 ammonterebbe, quindi, a 3 milioni di euro. Il credito d’imposta per la società sarebbe pari a 300.000 euro, pari al 50% di 600.000 (importo, a sua volta, ottenuto detraendo da un milione di euro – la perdita del 2020 – la somma di 400.000 euro, che rappresenta il 10% del patrimonio netto assunto non nel suo dato contabile, ma al lordo delle perdite).

Il credito è capiente rispetto al 30% dell’aumento di capitale, pari a 450.000 euro, e competerebbe quindi integralmente. A sua volta, la somma dei crediti d’imposta (300.000 euro per il socio e 300.000 euro per la società) risulterebbe inferiore all’importo massimo agevolabile, stabilito in 800.000 euro.

Il credito d’imposta può essere utilizzato in compensazione, senza né il limite generale annuale, né il limite previsto per i crediti d’imposta di natura agevolativa. Esso non concorre né alla formazione del reddito, né alla formazione della base imponibile IRAP.

Sono inoltre previste apposite clausole di salvaguardia, che si sostanziano nel recupero del beneficio, con gli interessi legali (ma senza sanzioni) nel momento in cui la società distribuisca riserve prima del 1° gennaio 2024 o (limitatamente alla posizione del socio) vengano cedute le partecipazioni corrispondenti al conferimento effettuato prima di tale data. Il riferimento alle “riserve” parrebbe, peraltro, salvaguardare la distribuzione degli utili di esercizio.

 

Le stesse società possono, poi, accedere ad alcuni benefici ulteriori in caso di emissione di prestiti obbligazionari, i quali possono essere sottoscritti da un organismo ad hoc (Fondo Patrimonio PMI) dietro appositi impegni assunti (non distribuire riserve o rimborsare finanziamenti ai soci, destinare il finanziamento ad investimenti in Italia, ecc.). Le agevolazioni in commento sono, però, vincolate alla preventiva autorizzazione della Commissione europea, fatto che può concretamente ostacolare una pianificazione degli aumenti di capitale in un’otti

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